Il primo trimestre del 2023 ha evidenziato una situazione difficile per il nostro vino con livelli altissimi di invenduto a fronte di una riduzione dei consumi. Si sta valutando la distillazione di crisi ma è sufficiente a smaltire le eccedenze?
Chi l’avrebbe detto che si torna a parlare di distillazione di crisi? Smaltita la sbornia del Vinitaly, il mondo del vino italiano torna a fare i conti con la dura realtà. Che è quella dei numeri – affatto rosei – del primo trimestre 2023 e con la situazione delle giacenze nelle cantine al 31 marzo.
Partiamo dalle giacenze, mai così alte. L’allarme viene dal mondo della cooperazione (più del 50% del vino italiano).
«Le giacenze di vino in cantina e le difficoltà di mercato confermano il perdurare di una situazione di crisi in alcuni territori viticoli, in particolare per i vini rossi. – dichiara Luca Rigotti, coordinatore settore vino di Alleanza Cooperative – Una situazione che, a due mesi dalla prossima vendemmia, genera preoccupazione e richiede una riflessione condivisa».
I numeri del vino italiano nel primo trimenstre 2023
Secondo dati MASAF (il ministero agricolo) a fine marzo erano presenti in cantina 60 milioni di ettolitri ed un’eccedenza, rispetto al 31 marzo 2022, pari a quasi 3 milioni di ettolitri (+5,1%), per la maggior parte Dop e Igp mentre per i vini comuni, tranne poche eccezioni circoscritte territorialmente, non si rilevano importanti giacenze di cantina. E questo mentre scendono i consumi nella GDO.
Nel primo trimestre 2023 si registrano i livelli più bassi di vendite allo scaffale anche rispetto al pre-Covid (2019), con i volumi di vino acquistati in calo tendenziale del 6,1% e con i valori, spinti dall’effetto inflattivo dei prezzi, a +2% (673 milioni di euro).
Secondo l’Osservatorio Uiv-Ismea a soffrire di più sono i vini fermi (-7,3%) e ancora di più per i prodotti Dop, a -9,2% e con i rossi a -10,5%. In controtendenza la tipologia spumanti, che cresce in volume del 3,9% (+9,8% i valori), ma l’incremento è interamente generato dall’exploit degli spumanti low cost (+15,6%), segmento che presenta un prezzo medio allo scaffale di appena 4,47 euro/litro e che oggi vale quasi il 40% dei volumi venduti in GDO tra le bollicine italiane.
Il quadro di questo inizio 2023 del vino è preoccupante.
«Occorre programmare – insiste Rigotti – una strategia di medio-lungo periodo per ristabilire un equilibrio tra domanda e offerta, che riteniamo debba considerare alcune iniziative quali, ad esempio, l’attivazione di misure di governo dell’offerta previste dal Testo unico del vino, o ancora, una differente gestione delle autorizzazioni di impianto per i nuovi vigneti, con l’eventuale applicazione delle dovute premialità e correttivi».
La distillazione di crisi tra le ipotesi
Servono misure di sostegno e flessibilità, a partire dalla distillazione di crisi, pur con tutte le cautele e valutando le modalità di attuazione “in relazione alle esigenze territoriali, nonché il budget a disposizione, per evitare che l’applicazione della misura a prezzi eccessivamente bassi e dunque non congrui, possa generare distorsioni di mercato”.
Insomma il combinato disposto di costi produttivi impazziti (a partire dal vetro), inflazione, calo dei consumi e calo dell’export (volumi in calo del 4% e valori a -1% nel primo trimestre sui canali retail di Usa, UK e Germania, fonte Osservatorio UIV-Vinitaly) fa capire che non sarà un anno facile per il nostro vino.
Il campanello d’allarme è suonato e al Ministero (MASAF) è stato attivato un tavolo anticrisi. Il problema è che la distillazione di crisi richiede importanti risorse che al momento non ci sono. Quindi…trattative in corso però l’obiettivo è uno solo: smaltire le eccedenze e impedire che crescano.
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