Campania Vino

Cantina del Taburno: tra passato e presente

Cantina del Taburno: nuovo packaging per i 50 anni
Una bottaia di Cantina del Taburno (Foto © Raffaello De Crescenzo).

In occasione del cinquantesimo anniversario, festeggiato l’anno scorso, la cantina di Foglianise (BN) ha rinnovato le etichette di alcune sue bottiglie che presenterà al prossimo Vinitaly 2023

La Campania è una regione generosa, che offre panorami incredibili e prelibatezze uniche. È anche una terra di grandi vini che affonda le sue radici, come avviene anche in altre zone dello Stivale, in quelle che fino a non molto tempo fa erano le cantine sociali.

Cantina del Taburno e i tipici vini del Sannio

A Foglianise, nel beneventano, troviamo la “Cantina del Taburno”, situata alle pendici del monte omonimo. Di proprietà del Consorzio Agrario di Benevento, fondato nel 1901, per oltre un secolo questa cantina è stata un punto di riferimento per la zona, recitando un ruolo fondamentale per lo sviluppo dell’agricoltura sannita.

La cantina che possiamo visitare oggi risale al 1972 e ha nell’Aglianico del Taburno DOCG e nella Falanghina del Taburno le sue produzioni di punta, che hanno consentito di accrescere la fama della cantina stessa anche oltre i confini nazionali. Sono circa 200 i soci conferitori che portano qui le loro uve, coprendo un territorio di quasi 350 ettari.

Una visita in questa cattedrale dell’enologia campana è l’occasione ideale, per uno studente o un appassionato, di vedere da vicino macchine ed impianti che generalmente vengono studiati solo sui libri di testo.

Guidati dal responsabile di produzione, Filippo Colandrea, decidiamo di dedicare le nostre attenzioni degustative ai vini bianchi di questa cantina, ripromettendoci un approfondimento a Sua Maestà l’Aglianico, in altra occasione (come, ad esempio, il prossimo Vinitaly: padiglione 7, stand C5).

È così che scopriamo che, attualmente, la cantina produce circa 20.000 bottiglie di Fiano, quasi lo stesso numero di bottiglie di Greco, circa 40.000 bottiglie di Coda di Volpe ed oltre 200.000 bottiglie di Falanghina.

Cantina del Taburno: nuovo packaging per i 50 anni
Le nuove etichette di Cantina del Taburno (Foto © Raffaello de Crescenzo).

Amineo IGP Coda di Volpe: la degustazione

In particolare, scegliamo di rivolgere le nostre attenzioni degustative ad un vitigno meno noto, regalandoci l’assaggio delle ultime due annate di “Amineo IGP Coda di Volpe”, tra loro diversissime: la 2021 si presenta con un naso molto delicato, una splendida freschezza e buona sapidità, mentre la 2022 ci travolge con i suoi sentori di mela e pera molto intensi. Quasi irruente al naso, freschissimo ma un po’ sbilanciato in bocca, sicuramente trarrà giovamento da alcuni mesi di affinamento in bottiglia che gli permetteranno di raggiungere un’eccellente armonia.

Il rinnovamento del packaging

In occasione del cinquantesimo anniversario, festeggiato l’anno scorso, la Cantina del Taburno ha deciso di rifare il look ad alcune sue bottiglie, per presentarsi al prossimo Vinitaly anche in alcune competizioni dedicate proprio al mondo del packaging e delle etichette, a cominciare dal Folius Extra Dry, elegante bollicina di Falanghina, per cui è stata scelta una nuova immagine, in un inusuale e piacevole gioco di colori tra l’oro ed il violaceo.

Folius Extra Dry, Falanghina di Cantina del Taburno (Foto © Raffaello de Crescenzo). 

Un vaso rotto su una base d’oro scintillante, richiama la filosofia kintsugi che ci insegna ad accettare le ferite e le imperfezioni della vita, attribuendo loro un valore prezioso, come fossero oro; tutto ciò per dare il giusto valore a un lavoro di cinquant’anni, denso di difficoltà, ma anche di successi.

Il viola utilizzato, per la precisione il pantone 2022, è un color lavanda pastello che gioca con punti d’oro a riprendere la sagoma della montagna sannita nota come “la Dormiente del Sannio”, creata dalle vette dei monti che formano il massiccio Taburno Camposauro. Un’etichetta primaverile che si sposa benissimo con il contenuto interno: fresco e piacevole.

Bue Apis, l’Aglianico di Cantina del Taburno

L’altra etichetta completamente rivista in occasione di questo cinquantesimo anniversario è quella di Bue Apis, l’Aglianico ispirato alla divinità di origine egizia, la cui statua in granito rosso, fu rinvenuta nel 1629 a Benevento; inizialmente ritenuta di età romana, nel XIX secolo fu identificata dal viaggiatore e collezionista Guimet come il dio Apis (il che, a dirla tutta, la renderebbe un toro e non un bue). Nell’etichetta la parola “Bue Apis” è scritta in alfabeto egizio, utilizzando i geogeroglifici.

«In questa etichetta, il coinvolgimento con l’Antico Egitto è totale. – ci spiega Annalisa Fusco, titolare di Alisia Design, la società che ha curato il restyling dei prodotti della Cantina del Taburno – Durante la primavera e l’estate, il sole sorge a Nord-Est e tramonta a Nord Ovest e da ciò abbiamo preso spunto per un progetto assai ambizioso che vuole accompagnare una visione nuova, opposta a quella cui siamo abituati da cinquant’anni».

Gli egizi, infatti, credevano che di sera il dio Ra assumesse la forma di Atum (divinità del sole che tramonta) e che la barca notturna, attraversando l’aldilà, lo avrebbe riportato a Oriente affinché potesse sorgere di nuovo, all’alba successiva. La lamina in rame della nuova etichetta, allora, vuole simboleggiare il percorso da compiere, attraverso la Dormiente, con le sue stradine ed i suoi vigneti.

Bue Apis di Cantina del Taburno
La confezone di tre bottiglie di Bue Apis (Foto © Cantina del Taburno).

Tre etichette speciali, due in edizione limitata

Sono ben tre, per la precisione, le nuove etichette, tutte numerate, realizzate per celebrare un grande vino, in occasione di un anniversario tanto importante, ma solo una di queste sarà poi quella che troveremo in commercio anche negli anni a venire, mentre le altre sono solo edizioni limitate.

La prima delle tre etichette, che sarà quella che poi rimarrà ad identificare questo vino anche nelle annate successive, si presenta con il fondo nero, a rappresentare la continuità ed è ispirata all’idea del Bue Apis che riposa, in attesa di esprimersi, come i grappoli che attendono la luce del sole per raggiungere l’ottimale grado di maturazione.

La seconda etichetta, su base bianca, vuole rappresentare la purezza, la luce, le tonalità neutre, mentre la terza proposta, l’etichetta su fondo neutro o tortora, ricorda quella terra illuminata dall’amore di un vitigno che da oltre 250 anni non manifesta sintomi di vecchiaia o di stanchezza, anzi: con la sua bellezza e la sua forza ci insegna che basta la giusta posizione, l’amore dell’uomo e il rispetto della natura per ottenere un prodotto straordinario.

All’interno di una confezione speciale che racchiude le tre bottiglie troviamo anche un tubo che ospita una pergamena su cui è stata riprodotta l’opera dal titolo “Bue Apis e la Dormiente del Sannio”, realizzata espressamente per commemorare questo cinquantesimo anniversario della cantina.

«In vigna, infatti, i tralci si allungano e aggrovigliano tra loro, maritandosi a querce maestose che regalano loro ombra e protezione: è questo lo spettacolo della natura che non ha bisogno di nulla, se non che di semplice rispetto. – spiega ancora Annalisa, con la passione ed il trasporto di chi crede con tutta la propria tempra in un progetto – Il trio ha in comune la moneta iconica forgiata per questo importante anniversario, che riporta elementi dal forte spessore simbolico. Arricchisce ulteriormente il tutto la scelta di inserire 300 pallini che raffigurano gli anni della meravigliosa vite Bue Apis. Un grande vino, tre etichette: perché il Trio simboleggia la rinascita».

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Raffaello De Crescenzo

"Enogastrocurioso", laureato in Tecnologie Alimentari ed in Viticoltura ed Enologia. Assaggiatore Esperto di oli d'oliva, assaggiatore di vini, degustatore di acque minerali, Sommelier e Videomaker. Sul web, dal 2013, è CulturAgroalimentare.

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