Un vitigno dal passato dimenticato e dalla bellezza riscoperta. Identità, terroir e sfide enologiche per il vino più affascinante delle terre del Palladio
Tra colline che disegnano il paesaggio con dolci pendenze e un patrimonio di ville palladiane che raccontano la storia del territorio, i Colli Berici si distinguono per un’identità chiara e ben radicata.
Una terra in cui arte e agricoltura convivono in perfetto equilibrio, e dove il Carmenère ha trovato la sua culla italiana, dimostrando come il tempo e l’attenzione dell’uomo possano trasformare una varietà dimenticata in un’eccellenza enologica.
Un rosso che racconta non solo una storia di riscoperta e terroir, in questo angolo di Veneto, ma anche la capacità di una terra di esprimere al meglio le proprie potenzialità.
Dal Bordeaux all’oblio: la lunga storia del Carmènere
Con una storia da protagonista dimenticato, il Carmenère è stato per lungo tempo un enigma.
Già noto a Bergerac intorno alla fine del 1700 con il nome di Carmeynere, l’etimologia del suo nome è probabilmente dovuta al color “carminio” delle sue foglie dopo la vendemmia.
Grande protagonista nei vigneti del Médoc, il vitigno fu ampiamente coltivato fino alla metà dell’Ottocento, per poi cadere nell’ombra a causa di fattori climatici e agronomici.
Le eruzioni vulcaniche tra il 1808 e il 1835, vedi Tambora e Krakatoa, causarono infatti un calo globale delle temperature, ostacolando la maturazione di questa varietà così tardiva in Francia, spingendo i viticoltori a preferire varietà più affidabili, anche in termini di resa.
Un vitigno dimenticato, una riscoperta sorprendente
E mentre la fillossera ridisegnava il panorama viticolo europeo, la vera svolta arriva nel XX secolo: nel 1994, l’ampelografo Jean-Michel Boursiquot identifica in Cile il Carmenère, coltivato erroneamente come Merlot.
Test del DNA successivi confermano la presenza del vitigno sotto mentite spoglie anche in Italia, in particolare nei Colli Berici, dove veniva chiamato Cabernet Italico o Bordeaux Nero e in Cina, dov’è ancora conosciuto come Cabernet Gernischt.
La scoperta ha così rivelato che il Carmenère, nato da un incrocio naturale tra il Moural (ora scomparso) e il Cabernet Franc, era stato a lungo confuso con Cabernet Sauvignon e Merlot, data la parentela genetica.

Colli Berici, un terroir che fa la differenza
Se il Carmenère ha trovato la sua rinascita in Italia, è nei Colli Berici che ha trovato la sua vera culla, grazie ad un ambiente straordinariamente favorevole.
I terreni di argilla rossa frammista a calcare marino offrono il giusto equilibrio tra drenaggio e fertilità, mentre il microclima caldo e ventilato offre le condizioni ideali per la maturazione di questo vitigno così tardivo.
Non è un caso che la DOC Colli Berici (ne avevamo parlato qui) sia stata la prima in Italia a includere il Carmenère nel proprio disciplinare già nel 2008, riconoscendone il potenziale e l’identità unica.
Portato in Veneto da lavoratori migrati in Francia durante la ricostruzione post-fillossera, il Carmenère è diventato così parte integrante del panorama enologico locale.
Carmenère dei Colli Berici, un’identità complessa e inconfondibile
Il Carmenère non è un vitigno per tutti e non si accontenta di poco.
Rispetto al Cabernet Franc, con cui è stato spesso confuso, presenta grappoli più grandi e meno compatti, oltre a una maturazione più tardiva, spesso verso ottobre inoltrato. Questo implica un’esposizione prolungata alla luce e una ventilazione costante, necessarie per portare le uve alla perfezione.
In cantina, inoltre, il vitigno beneficia di tempi lunghi e di una micro-ossigenazione delicata per sviluppare il suo potenziale aromatico e strutturale.
Solo così il vitigno riesce a esprimere al meglio il suo bouquet ricco e stratificato: un profilo aromatico unico di frutti rossi e accenti balsamici, pepe e una sottile vena erbacea.

In vigna e in cantina per un futuro tutto da scoprire
Negli ultimi anni, la vinificazione del Carmenère dei Colli Berici ha vissuto una significativa evoluzione, con tecniche enologiche in costante affinamento e un crescente interesse per sperimentazioni innovative.
Questi sviluppi potrebbero aprire la strada a nuovi stili e interpretazioni di un vitigno ricco di potenzialità.
«Le tendenze che riguardano il Carmenère vinificato nei Berici riguardano in primis il grado alcolico – spiega Giovanni Ponchia, direttore del Consorzio Tutela Vini Colli Berici e Vicenza – Si sta cercando di gestire l’esuberanza di concentrazione, cercando di ottenere vini ricchi e distintivi, ma con gradazioni alcoliche inferiori. In vigneto si cerca di procedere, in fase di raccolta, a una scalarità e, dove possibile, a un lavoro di parcellizzazione perché è una varietà molto sensibile alle esposizioni e ai suoli. Dal punto di vista della maturazione, il legno (sia di piccole che di grandi dimensioni) continua a essere il materiale più utilizzato per favorire una evoluzione del vino e una buona polimerizzazione dei polifenoli»

Un vino che celebra il territorio: la sfida sui mercati esteri
Oggi, i Colli Berici sono sinonimo di eccellenza per il Carmenère in Italia.
Questo vitigno, dimenticato dalla storia e riscoperto quasi per caso, è diventato simbolo del legame tra territorio e viticoltura. Non solo una riscoperta, ma il simbolo di radici storiche e vocazione territoriale.
Il Consorzio Tutela Vini Colli Berici e Vicenza ha puntato su strategie mirate per valorizzare questa varietà, affrontando la sfida di promuoverla sia a livello nazionale che internazionale.
«Negli ultimi anni abbiamo deciso di focalizzarci sulla stampa dei paesi di lingua germanica e del nord Europa, portando vari giornalisti qui sul territorio – prosegue Giovanni Ponchia – Una volta nei Berici, troviamo il modo per far comprendere loro che, al di là di una indubbia vocazione geologica e climatica del territorio per questa varietà, il Carmenère viene coltivato qui da circa 2 secoli, e non è quindi una moda recente. Si tratta più che altro di una riscoperta. Sul fronte anglosassone, da qualche anno come Consorzio stimoliamo la partecipazione delle nostre aziende a concorsi enologici dedicati proprio al Carmenère, dove i Colli Berici fanno regolarmente incetta di medaglie in un contesto in cui il Cile è il principale player»
Per maggiori informazioni: consorzio.bevidoc.it