Vini del lago di Trasimeno, il Gamay che in realtà è garnacha

Storia del Gamay del Trasimeno: storia, caratteristiche

Il Consorzio Vini Trasimeno e i produttori si stanno impegnando molto nella valorizzazione del Gamay del Trasimeno, vitigno di cui hanno intuito le potenzialità espressive da poco più di un decennio. Il prossimo obiettivo è il cambio di nome da gamay a grenache per evitare fraintendimenti, soprattutto all’estero

«Un velo d’acqua gettato su un prato»: così Cesare Brandi, storico d’arte, descrisse il Lago Trasimeno. Un lago capace di mutare di continuo i colori, stupendoci con la sua multiforme trasformazione. Forse il lago più antico del Bel Paese ha imparato in virtù del tempo a conquistarci con il suo fascino.

Il Trasimeno, un lago spettacolare e ricco di storia

Anche Beato Angelico, Perugino, Raffaello, Leonardo lo immortalarono nei loro dipinti, stregati da tanta bellezza. Gli antichi Umbri che, secondo Plinio il Vecchio, erano la stirpe più antica della penisola (per inciso, gli umbri conoscevano già il vino, come testimoniano le tavole eugubine) lo chiamavano Tarsmeno, “quello che si prosciuga”. Nella lingua degli Etruschi, per assonanza, diventò Tarsminass.

Sulle rive del grande lago dell’Umbria ammiriamo un ambiente ancora incontaminato (il suo Parco ospita specie botaniche, faunistiche e ittiche di rara beltà) e autentico, attorno al quale ruota tutta l’economia dell’area, dal vino all’agricoltura e alla pesca professionale.

La vite risente del suo benefico influsso, mitigante e ventoso: il vino viene prodotto in un raggio di vicinanza che varia dai 500 metri ai dieci chilometri. I suoli sono molto differenti: semplificando, a nord, nord est predominano un substrato di rocce di origine marina e arenaria; a est, sud est troviamo sabbie e argille; a ovest sono frequenti le argille profonde e terreni calcarei.

Gamay del Trasimeno: storia, caratteristiche ed etichette
Vigneti sul Lago di Trasimeno.

Caratteristiche del Gamay del Trasimeno

Sgombriamo subito il campo: non è gamay, ma garnacha (ovvero siamo nell’ampia famiglia che comprende il tai dei Colli Berici, il canonau sardo, l’alicante toscano, la grenache francese). Perché diamine sia stato chiamato gamay, il vitigno che ha reso famoso il Beaujolais nel mondo, ingenerando non poca confusione, non è dato sapere con certezza.

Alcune ipotesi vengono ricondotte al suo iniziale allevamento ad alberello, di origine francese, e non con quello a “vite maritata”, utilizzato all’epoca degli Etruschi e più conosciuto. La storia narra che il vitigno sia presente nell’area dal XVI secolo, nel periodo di dominazione spagnola nell’Italia centro-meridionale conseguente alla pace di Chateâu-Chambrésis del 1559. Testimonianza della sfera d’influenza spagnola in loco è il matrimonio tra la marchesa Eleonora de Mendoza e il Duca Fulvio Alessandro della Corgna.

Quello umbro non è gamay, ma garnacha (Foto © Consorzio Tutela Vini Trasimeno).

Zona di produzione e l’impegno del Consorzio

La Doc del Trasimeno nasce nel 1972, includendo vari vitigni. La zona di produzione comprende i comuni Castiglione del Lago, Città della Pieve, Paciano, Piegaro, Panicale, Perugia, Corciano, Magione, Passignano sul Trasimeno e Tuoro sul Trasimeno.

Attualmente gli ettari a gamay del Trasimeno sono 30 (su un totale della denominazione di 500), con una produzione di poco più di 200mila bottiglie a denominazione, su un complessivo di 990mila. Purtroppo è solamente da poco più di una diecina d’anni che il Consorzio e i produttori stanno capendo le effettive potenzialità espressive che il vitigno manifesta grazie al territorio.

Nel contesto dell’evento Corciano Castello di vino nel suggestivo borgo corcianese, il Consorzio Trasimeno ha organizzato due masterclass, una sui rossi a gamay del Trasimeno e l’altra sui rosati da medesimo vitigno. Il primo punto sul quale il consorzio, presieduto da Emanuele Bizzi, si sta concentrando è l’aspetto più importante, il cambio di nome da gamay a grenache, per evitare fraintendimenti, soprattutto all’estero.

«Ci vorrà – afferma Bizzi – almeno un anno, forse un anno e mezzo per ottenere questo risultato. Intanto il nostro gruppo, che comprende diciassette aziende associate (su un totale di ventiquattro n.d.r.), continuerà a lavorare sulla levatura dei vini».

Rossi e rosati: un piccolo focus a Corciano Castello di vino

Agli assaggi, su nove vini rossi da gamay del Trasimeno spicca “Divina Villa” di Duca della Corgna, la piccola cooperativa locale che ha sempre creduto nel vitigno, portando avanti la sua produzione per decenni anche quando nessuno la affiancava. Casaioli con il suo “Fontinius” colpisce per pienezza gustativa e al contempo beva agile. Anche “Opra” di Madrevite mostra un carattere equilibrato tra freschezza e profondità. Nel complesso, pur nelle differenze di ogni singola realtà, i produttori stanno trovando una maggior aderenza territoriale e varietale.

I rossi degustati nella masterclass (Foto © Alessandra Piubello).

La masterclass sui rosati, con undici cantine presenti (la maggior parte a Igt da gamay del Trasimeno, poiché il rosato da disciplinare prevede la presenza del 40% di sangiovese e il restante 30% tra ciliegiolo, gamay, merlot, cabernet da soli o congiuntamente, altro punto da modificare nel disciplinare per il consorzio)
 ha dimostrato maggior disomogeneità e minor focalizzazione. A nostra opinione qui c’è più lavoro da fare, mentre i rossi presentano maggior piacevolezza d’insieme.

Sono state 11 le etichette di rosati in degustazione (Foto © Consorzio Tutela Vini Trasimeno).

Maggiori informazioni sui vini del Trasimeno: www.trasimenodoc.it