Forlì Igp rosato Sangiovese “Rossetto”: la femminilità in fragranti e naturali péttilant

Una firma simpatica e carezzevole per un metodo ancestrale romagnolo ottenuto da sua maestà il Sangiovese

Stefano Berti rappresenta il vigneron romagnolo per eccellenza, per antonomasia potremmo dire. Simpateticamente verace, indomabile operatore, amante indiscutibile della terra e dei suoi frutti, elegante anarchico della vigna.

La sua azienda si trova a Ravaldino in Monte, sulle colline forlivesi a 170 slm tra Castrocaro Terme e Bertinoro. Un lembo di terra difficile ma che la caparbietà di Stefano ha saputo addomesticare, senza snaturare la sua essenza intimamente e geologicamente coriacea e malleabile al contempo. 

Storia dell’Azienda Agricola Stefano Berti

Il tutto nasce attorno al 1963 quando i genitori di Stefano Berti acquistano due poderi nelle colline forlivesi. Dopo un lustro arrivano i primi due ettari a Sangiovese, unici fino al 1985. Dal 1982 Stefano prende le redini del gioco, ma che non rappresenta un giogo, e da qui si sviluppano vigne (Trebbiano, Chardonnay e Pagadebit) al posto dei seminativi preesistenti. Nel 1986 inizia la vinificazione in azienda con successivi investimenti e potenziamenti viticoli con Trebbiano e Sangiovese. Non mancano incursioni “internazionaliste” con il Cabernet Sauvignon.

Grazie all’amicizia con Michele Satta e con l’enologo Attiglio Pagli, nel 2000 arriva la vera svolta qualitativa di Berti con l’introduzione sul mercato di due Doc: il Calisto frutto di una selezione delle uve migliori affinato in legno e il Ravaldo II. Da allora la produzione, che vede circa 6,5 ettari di vigna, si attesta circa 30.000 bottiglie annue.

Rossetto di Cantina Stefano Berti: Forlì Igp rosato Sangiovese

Qui, oggi, vogliamo però parlare e soffermarci su uno dei suoi ultimi prodotti: il Forlì Igp rosato Sangiovese “Rossetto”.

Vino ottenuto da uve di Sangiovese in essenziale purezza. Grappoli raccolti rigorosamente a mano nella prima settimana di settembre. Da qui si passa ad una pigiatura con diraspatura e, successivamente, a una docile pressatura che permette di estrarre i lieviti naturalmente presenti nelle bucce, con conseguente separazione del mosto dalle vinacce.

Quando sono rimasti circa 10 g/litro di zuccheri si blocca la fermentazione raffreddando ulteriormente il mosto e dopo circa sei mesi di batonage, a marzo il vino viene messo in bottiglia dove, con l’aumentare della temperatura e senza aggiunta di lieviti, termina spontaneamente la fermentazione diventando frizzante.

Divini connubi d’arte

Questa leggiadra e inebriante interpretazione del Sangiovese richiama la sensualità geometrica e slanciata de “Les demoiselles d’Avignon” di Pablo Picasso.