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La storia della cantina marchigiana Terracruda: «Ecco come abbiamo fatto rinascere i vitigni reliquia»

Storia e vini di Terracruda: rinascono i vitigni reliquia
Da sn, Carlos Ruiz de Villa e Luca Avenanti, di Cantina Terracruda (Foto © Amanda Arena).

Creatività, lungimiranza e innovazione sono i cardini del progetto di recupero di antiche uve, intrapreso nei primi anni del 2000 dalla famiglia Avenanti. Una sfida avanguardistica che ha dato ottimi risultati riportando alla luce varietà di cui si erano perse le tracce

Già agli inizi degli anni 2000 la famiglia Avenanti, proprietaria della Cantina Terracruda, era a caccia di antichi vitigni reliquia locali. Siamo nel cuore della provincia di Pesaro e Urbino, a Fratte Rosa, borgo emozionante incorniciato tra il Montefeltro e il mare. Qui nascono vini di tre DOC dal carattere distintivo: Bianchello del Metauro, Colli Pesaresi Sangiovese e l’Aleatico Pergola.

Storia e vini di Terracruda, la cantina che ha recuperato vitigni dimenticati

Salvaguardia della biodiversità e attenzione a coglierne l’essenza più autentica del territorio sono i valori fondanti di Terracruda. E hanno ispirato il progetto di recupero di alcuni uvaggi autoctoni dimenticati, salvandoli dall’oblio. Un’idea nata vent’anni fa quando gli Avenanti decisero di accostare le vecchie varietà al reimpianto di parte dei vigneti con uve già note come Bianchello del Metauro o Sangiovese.

Per iniziare questa sfida si sono avvalsi dei consigli dell’enologo Giancarlo Soverchia, il quale faceva già delle ricerche in quest’ambito.

«Quando realizzammo la nostra nuova cantina ci siamo indirizzati verso la ricerca di antichi vitigni locali. Eravamo fortunati perché il Prof. Bruno Bruni, noto ampelografo marchigiano, aveva catalogato molti vitigni italiani lasciando dei documenti scritti – spiega Luca Avenanti – Siamo andati nelle vecchie vigne di agricoltori per fare delle ricerche in base alla forma delle foglie e del grappolo, seguendo le fonti orali e scritte».

Luca Avenanti, ultima generazione della famiglia (Foto © Amanda Arena).

Studio, ricerca e tanta passione per il territorio

Grazie alla collaborazione con l’Università di Ancona e l’A.S.S.A.M. (Agenzia Servizi al Settore Agroalimentare delle Marche) Terracruda avvia la ricerca. L’azienda, attraverso le analisi del DNA delle uve, ritrova circa sei varietà, tra cui Incrocio Bruni 54, Garofanata, Famoso, Sgranarella e Aleatico. La cantina si è concentrata principalmente su due uvaggi reliquia: Incrocio Bruni 54 e Garofanata.

Emozione liquida che nasce dal terroir

Zeno Avenanti, storico imprenditore nel settore del mobile nonché fondatore della Cantina Terracruda, e la sua famiglia mirano alla memoria del territorio per trasformarla in emozione liquida. Agricoltura e viticoltura sono attività umane che nei secoli hanno modellato l’entroterra fanese.

Giancarlo Soverchia ritrova l’Incrocio Bruni 54 mentre assaggia degli acini durante il prevendemmia tra i filari di Verdicchio e riscontra delle differenze in alcune piante per forma, colore e sapore. Pertanto, consiglia di propagarle in altri areali regionali per comprenderne l’adattamento in climi differenti. In tal modo gli Avenanti e altri due produttori capiscono le potenzialità di questo vitigno di grande carattere e duttilità.

Anche la Garofanata, ritrovata in vecchi vigneti attorno alla città romana di Suasa, venne riportata in auge da Terracruda e poi iscritta nel registro nazionale delle varietà della vite e nel repertorio regionale.

Sala degustazione della Cantina Terracruda (Foto © Amanda Arena).

La degustazione dei vini da vitigni riscoperti

Il rilancio delle “Uve reliquia” si condensa in un’esigua pregevole produzione di due vini: l’Innominata Garofanata Marche Igt Bianco e l’Incrocio Bruni 54 Marche Igt Incrocio Bruni. Due vitigni reimpiantati, vinificati in purezza e affinati solo in acciaio per mantenere integro il carattere varietale ed esaltarne l’identità territoriale. Le uve raccolte a mano, una volta giunte in cantina, vengono lavorate mediante spremitura morbida a grappolo intero, decantazione statica dei mosti a freddo e affinamento in bottiglia.

Innominata 2022, elogio di una rarissima uva indigena

Dal vigneto delle Serre a 350 metri d’altezza e suolo argilloso-calcareo nasce l’Innominata. Un abbraccio morbido vinificato sulle fecce fini, che sosta 12 mesi in vetro, superbo nei profumi floreali, sensazioni agrumate, frutta esotica e tocchi speziati. Sorso elegante, ritmato da un’acidità incalzante.

L’esistenza della Garofanata nelle Marche è documentata solo negli appunti dattiloscritti “Ampelografia marchigiana” di Bruni (1962) e veniva chiamata così dai contadini perché gli attribuivano un caratteristico profumo di garofano. Il Bruni la segnala come sottovarietà del Moscato Bianco.

«È un’uva antichissima quasi scomparsa, con un grappolo molto compatto e una maturazione tardiva, un po’ difficile da gestire e per tale motivo era stata abbandonata. A livello aromatico, dà grandi soddisfazioni, è unica nel suo genere. Siamo molto soddisfatti di averla salvata dall’oblio e vinificata per primi nel 2007», spiega Luca Avenanti.

Innominata 2022 Garofanata Marche IGT Bianco (Foto © Amanda Arena).

Incrocio Bruni 54 2022, il racconto espressivo del passato ritrovato

L’Incrocio Bruni 54 fu creato nel 1936 dal Prof. Bruni verosimilmente per ottenere una varietà resistente alla Fillossera. Dall’incrocio per impollinazione tra Verdicchio e Sauvignon nasce questo vitigno a bacca bianca che ben si adatta alle zone collinari di Marche e Umbria. L’Incrocio Bruni 54 2022 di Terracruda è espressione del vigneto del Mulino di un ettaro di estensione, rivolto a ovest e abbracciato dai boschi.

Vinificato in acciaio con un passaggio di 3-4 mesi in bottiglia, affascina al naso con fragranze fruttate, agrumate, note vegetali e sbuffi minerali. Fresco al sorso, si distende in bocca accarezzato da un’elegante sapidità. Finale saporito e di bella persistenza.

Incrocio Bruni 54 Marche IGT Incrocio Bruni (Foto © Amanda Arena).

La storia di Terracruda

La famiglia Avenanti si dedica dal 2005 con passione alla riqualificazione dei vitigni autoctoni nei 16 ettari di vigneti estesi nella “terra cruda”, nome con cui un tempo i contadini chiamavano i suoli argillosi adatti a fare le magnifiche terrecotte di Fratte Rosa note sin dall’antichità.

La struttura, completamente recuperata, comprende anche un agriturismo (Foto © Amanda Arena).

Il desiderio di preservare lo splendore del paesaggio circostante si ravvisa anche nella cantina ipogea a basso impatto ambientale. L’eleganza dell’intera struttura e l’accogliente agriturismo composto da un casolare con 4 appartamenti, ristrutturato rispettando rigorosamente l’architettura rurale di un tempo, ne fanno il luogo ideale per vivere un’esperienza unica di turismo lento con un panorama favoloso e tanto verde in un clima di calorosa condivisione e scambio.

Cantina Terracruda
Via delle Serre 28, Fratte Rosa (PU)
www.terracruda.it

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Amanda Arena

«Mangiare è una necessità. Mangiare intelligentemente è un’arte» è la frase di François de La Rochefoucauld che mi guida nella scelta dell’alimentazione. Laureata in Scienze Politiche, giornalista pubblicista e sommelier specializzata in comunicazione e Marketing vitivinicolo. Amo esplorare i mondi del vino e del cibo per raccontarne gli aromi, i sapori, i protagonisti e i territori.

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