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Sulla via Francigena del vino: 8 etichette da provare tra Umbria e Marche

Storia e geografia si uniscono per parlare di vino: questa volta è San Francesco a fare da legante tra due regioni confinanti, ma assai differenti tra loro

Vini della via Francigena: 8 etichette da provare

L’Umbria da un lato, con le sue terre del Montefalco, dove il Sangiovese incontra il Sagrantino, regalando vini potenti, caldi ed avvolgenti… e le Marche dall’altro, con le mille declinazioni del Rosso Conero, la struttura del Verdicchio e i profumi del Lacrima.

La via Francigena, nota anche come via Francisca o Romea, è parte di un fascio di percorsi che dall’Europa occidentale, in particolare dalla Francia, conduceva nel Sud Europa fino a Roma, proseguendo poi verso la Puglia, dove vi erano i porti d’imbarco per la Terrasanta, meta di pellegrini e di crociati.

Vini della via Francigena del vino, bianchi e rossi

Pur toccando solo marginalmente l’Umbria, la via Francigena per anni non ha portato con sé solo persone e merci, ma anche tradizioni, folklore e vino, fin dal Medioevo.

A distanza di un millennio, viene allora da chiedersi quale sia lo stato dell’arte dei vini prodotti in questi territori e provare, così, a fare un confronto con cui viaggiare fino alle ultime annate.

Un confronto/incontro che, ovviamente, inizia dai bianchi: dal profumatissimo Sauvignon marchigiano “Animale celeste” dell’Azienda Santa Barbara, al “Trebbiano spoletino” di Tenuta Bellafonte, nel cuore dell’areale del Montefalco, a Bevagna. Vini senz’altro originali, adatti a chi è alla ricerca di qualcosa di diverso.

8 vini della via Francigena da provare
Le 8 etichette degustate e descritte nell’articolo (Foto © Raffaello de Crescenzo).

Animale Celeste – Sauvignon di cantina Santa Barbara

L’Animale Celeste (Sauvignon dell’azienda Santa Barbara – annata 2021) nasce nel comune di Barbara (AN), sulla sponda sinistra fiume Esino.

Il termine “Sauvignon” deriva da Sauvage, che significa selvaggio, perchè una volta i vini erano un po’ sporchi per via del Brettanomyces e, per l’appunto, selvaggi… Oggi è un vitigno elegante, dalla media aromaticità e quello in degustazione si presenta con un colore giallo paglierino, abbastanza consistente, con note di frutta esotica al naso, foglia di pomodoro, salvia, peperone verde.
Un vino fresco, sapido, fine, fragrante e persistente; pronto da bere e piuttosto armonico, anche se probabilmente capace di regalare maggiori emozioni tra uno o due anni.

Arneto di Tenuta Bellafonte, annata 2019

Con un balzo in Umbria, invece, eccoci a scrutare un bianco: “Arneto” (che in dialetto significa “rinato”) di Tenuta Bellafonte, annata 2019.

Da qualche anno Montefalco si è riscoperta terra di bianchi e qui siamo a Bevagna, nel cuore di questo areale. L’uva è Trebbiano spoletino, termine proveniente dal latino “trevium”, che significa “di Trevi”. Un vitigno ricchissimo di polifenoli e con una forte acidità, ben diverso dal classico Trebbiano.

Il proprietario di Tenuta Bellafonte è uno straniero che ha deciso di investire in Umbria e, dal 2008, ha iniziato a produrre vino.

Giallo scintillante dorato, legato ad una importante macerazione. Curry e curcuma anticipano la parte fruttata, leggermente surmatura. Fieno, pan di spagna bagnata. In bocca ha uno spessore gustativo quasi grasso, caldo, con una leggera venatura tannica.

Un vino originale, particolarmente interessante per chi è alla ricerca di qualcosa di diverso…

Lacrima di Luigi Giusti, annata 2021

Così come diverse sono le emozioni che ci dona il Lacrima di Luigi Giusti, annata 2021: un vino ricavato da un vitigno in qualche modo imparentato con l’Aleatico di Pergola, coltivato sopra le colline di Senigallia (AN).

Ci troviamo dinanzi ad un vino che si presenta con il suo classico colore violaceo, abbastanza consistente, con un estratto di ribes nero, mora, lampone e ciliegia al naso; bella la morbidezza in bocca e discreto il suo calore, con una componente tannica decisamente presente, ma elegante. Ecco: eleganza ed equilibrio sono proprio gli aggettivi giusti per descrivere questo vino…

Camorata, Montefalco Rosso DOC di Cantina Cocco Ilaria (Annata 2029)

Rimbalzando nuovamente in Umbria, per il nostro viaggio tra i vini della via Francigena, andiamo ad assaggiare un vino di Montefalco, zona in cui, fino a qualche decennio fa, il vitigno principe era il Sangiovese; oggi, invece, il Disciplinare prevede che il 60% sia di Sangiovese e il resto venga ottenuto da Sagrantino e altri vitigni a bacca nera.

Un territorio dove la macchia mediterranea, i vigneti e gli ulivi, disegnano un paesaggio duro e a tratti anche ostico. Nella zona a sud, in un’areale con terreni sabbiosi, nasce il Camorata, Montefalco Rosso DOC dell’azienda Cocco Ilaria, di cui abbiamo avuto il piacere di assaggiare l’annata 2019.

Un vino da 13,5 gradi alcolici e 4 g/l di tannini che si presenta di colore rosso rubino con tendenze al granato. Balsamico e fresco al naso, ci ricorda la corteccia, i frutti rossi non ancora del tutto maturi ed il ribes. Grande freschezza in bocca, con una lieve nota mentolata e un bell’equilibrio tra la parte calda e quella fresca; anche in bocca si avverte l’eucalipto, che regala una grande bevibilità.

Perchè la scelta del termine “Sagrantino”, per questo vitigno? Forse perchè anticamente si è trattato di un vino da messa, coltivato solo nei chiostri delle abbazie… Sta di fatto che ci troviamo dinanzi a un vitigno in cui il rapporto buccia/polpa è fondamentale: le bucce, infatti, sono spesse e ricche di polifenoli.

“Lampante” Montefalco Rosso Riserva di Lunelli, annata 2018

I polifeonoli sono responsabili del colore e della longevità di questi vini, così come il “Lampante” Montefalco Rosso Riserva dell’azienda Lunelli, annata 2018.

Ricavato da terreni argillosi, questo Montefalco Rosso può fregiarsi della dicitura Riserva, appannaggio di quei vini sottoposti a un minimo 30 mesi di affinamento. Un naso “etereo” e complesso, con note di tabacco ossidato e pungente, legno e frutti neri: mirtillo, mora e frutti di bosco su tutti…>
Grande sapidità in bocca, lunga persistenza, calore importante. Un vino molto interessante, da gustare ancor meglio tra qualche anno.

Conero Riserva DOCG, “Stile Libero” di Angeli di Varano

Assolutamente maturo e pronto al consumo, invece, è il Conero Riserva DOCG, “Stile Libero” dell’azienda Angeli di Varano, in degustazione con l’annata 2016.

Intenso è il sentore di amarena al naso (nota distintiva di questo vino), che qui sembra quasi sotto spirito. Si avvertono bene anche le spezie: liquirizia, cacao, cuoio, confettura di rabarbaro.
Un tannino importante che pulisce la bocca, regala una sensazione di calore intensa e persistente, senza brillare in freschezza. In bocca si avverte anche la sapidità, legata all’impatto marino delle zone costiere da cui proviene l’uva impiegata in questo vino.

Vini della via Francigena: 2 etichette dolci

Per concludere, due vini dolci che completano l’ampia gamma di piaceri che i vini della via Francigena ha saputo regalarci…

Brumato 2010, dell’azienda Garofoli (AN)

Il “Brumato” 2010, dell’azienda Garofoli (AN), è un Verdicchio passito, botritizzato che si presenta di colore giallo dorato. Profumo di mandorla, biscotti secchi, scorze di cedro e arance candite, regalano un abbraccio olfattivo intenso ed elegante. In bocca è dolce, ma non stucchevole, avvolgente, persistente, fine ed equlibrato. Cannolo o cassata siciliana, torta di mandorle, torrone alla mandorla, ma anche gorgonzola con un tocco di miele… Poesia liquida.

Montefalco Sagrantino 2016 dell’azienda Antonelli San Marco (PG)

Belle sensazioni anche dall’ottavo ed ultimo vino di questo nostro percorso tra i vini della via Francigena: il Montefalco Sagrantino 2016 dell’azienda Antonelli San Marco (PG).

Un vino scuro, profondo, impenetrabile, rosso rubino, con un colore statico nel tempo, perchè non ha precipitazione antocianica. Questo vino è un po’ un ritorno alle origini del Sagrantino, che nasce proprio passito per smussare la ruvidezza tannica di questo vitigno, con la dolcezza… 30 g/l di residuo fisso e 110 g/l di residuo zuccherino, per questo nettare che solletica il nostro olfatto con sentori di legno consumato dal tempo, incenso e cera d’api. Un naso inizialmente chiuso che si apre poi alla prugna, alla confettura di mora, all’aceto balsamico, al mosto cotto. Quasi una lieve acidità volatile…
In bocca è dolce, come primo impatto, per asciugarsi e lasciar spazio ad un tannino importante, avvolto dalla morbidezza. Un tannino dolce, che pulisce la bocca e che permette abbinamenti col cioccolato, ma anche con cibi salati.

Un abbinamento storico (ed inaspettato) del Sagrantino, infatti, è quello con il cosciotto di agnello salato; tuttavia ottimi sono anche gli abbinamento con i formaggi stagionati e con i cibi untuosi e succulenti, come lo spezzatino di cinghiale alla toscana (con una grattugiata di cioccolato), le carni scure e la selvaggina…

Un confronto che ha davvero ha regalato emozioni e permesso di cogliere le notevoli differenze tra due zone tra loro geograficamente non molto distanti, ma in grado di regalare vini molto diversi tra loro. In comune, la potenza e la possibilità di affrontare il tempo senza alcun timore, specie per le Riserve.

Un viaggio in grado di catturare, anche grazie alla guida del Mo. Sommelier Gualberto Compagnucci dell’AIS Ancona e del Somm. Prof. Paolo Tamagnini dell’AIS Gubbio, che li hanno raccontati in occasione della seconda edizione di Ancona by Wine, evento tenutosi a fine agosto presso il capuologo marchigiano.

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Raffaello De Crescenzo

"Enogastrocurioso", laureato in Tecnologie Alimentari ed in Viticoltura ed Enologia. Assaggiatore Esperto di oli d'oliva, assaggiatore di vini, degustatore di acque minerali, Sommelier e Videomaker. Sul web, dal 2013, è CulturAgroalimentare.

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