Fattoria Pagano: il Falerno del Massico e l’anima della terra

A Carinola, in provincia di Caserta, tra vigne che affondano le proprie radici nell’Ager Falernus e il vino immortale degli Imperatori romani

Un piccolo e meraviglioso angolo di Campania, il cui vero volto è ancora tutto da raccontare: l’Ager Falernus di romana memoria è, tra tutta la provincia di Caserta, la terra che custodisce le memorie del vino più costoso e ambito da imperatori e patrizi, il Falerno del Massico. E nascono proprio qui, a Casale di Carinola, le vigne di Angelo Pagano, nelle terre del mito tra il Monte Massico e l’Appia Antica.

Fattoria Pagano: storia ed etichette

Due terrazze separate da una parete di tufo naturale, a 350 metri slm e, alle spalle, il vulcano spento di Roccamonfina accarezzato dalla brezza del mare, a soli cinque chilometri da qui. Un affaccio sul panorama infinito che spazia dal Golfo di Gaeta al Vesuvio e, a distanza, anche le isole Pontine e Ischia. Fu il papà Antonio, noto commercialista dell’area, che intuì nel 2000 la possibilità di valorizzare questi terreni che sanno di collina e di vulcano, di sole e di mare, dove Aglianico, Piedirosso e Falanghina si alternano su terreni argillosi e tufacei.

Dopo gli studi di Economia, Angelo Pagano decide di non dedicarsi all’attività di famiglia, pur avendo uno studio avviato, ereditando invece la passione trasmessa da papà Antonio, che ancora cura la vigna nei momenti liberi. In nome di quel Falerno “immortale”, come scriveva Marziale, nasce una curata produzione di undici etichette, tra le quali spiccano anche una pregevole Falanghina da vendemmia tardiva e un Rosé dallo stile provenzale, molto intrigante, oltre al Fiano di Avellino proveniente dai due ettari di proprietà a Lapio.

Ma è il Falerno del Massico l’indiscusso protagonista dell’azienda, a dominare la scena nelle versioni Bianco, Rosso e Riserva. Uve raccolte a maturazione piena che nascono dai 13 ettari aziendali; vini identitari e sintesi di mineralità e schiettezza, impreziositi da pregevoli etichette dedicate al territorio e ai grandi cantori del passato, da Strabone a Giovenale, che lodarono il Falerno nei propri scritti.

I vigneti dell’Ager Falernus e il vino degli Imperatori

«Nec cellis ideo contende Falernis», scriveva Virgilio nelle sue Georgiche, ovvero «non competere con il Falerno»: l’importanza del vino più costoso della storia era tale da essere destinato solo ai potenti. Prodotto a partire dalla seconda metà del II sec a.C, il vino degli imperatori veniva trattato in maniera completamente diversa dagli haustores, i governatori delle cantine.

Custodito in anfore di terracotta chiuse con tappo e pitaccium, un sigillo che indicava origine e annata, il Falerno era addirittura riconosciuto con tre sottodenominazioni:

  • il vinum Falernum era prodotto da vigne in pianura,
  • il Faustianum proveniva da zone collinari e
  • il Caucinum, il più prezioso, da alta collina.

Una vera e propria rarità enologica tale da considerarsi a pieno titolo la prima DOC nella storia dell’enologia, distinto anche in Austerum, Dulce o Tenue a seconda del gusto.

Il moderno Falerno del Massico

L’Ager Falernus dei latini corrisponde ancora oggi all’attuale area di produzione, comprendendo solo cinque comuni della provincia di Caserta, siti ricchi di ritrovamenti archeologici e dai terreni generosi, grazie alle passate attività vulcaniche. La fama di questo vino scompare con la decadenza dell’Impero Romano e, dopo una relativa ricomparsa in epoca borbonica, rinasce dopo la fillossera, grazie a coraggiosi viticoltori dell’area che, come Angelo Pagano, diventano testimoni di un territorio unico ed irripetibile. L’attuale Falerno, ovviamente, non ricalca il gusto del Falernum romano, ricco e speziato: il suo diretto discendente è prodotto tradizionalmente nella versione Rosso Doc da uve Aglianico e Piedirosso, ma anche base Falanghina nel Bianco DOC e, infine, Primitivo. 

Angelus Falerno del Massico Doc Riserva 2016 e Gaurasi 2018, l’eco della storia e del territorio

Intrigante e fitto, dall’elegante finezza e timbro fruttato, il Gaurasi è la versione dinamica e agile di Aglianico e 20% di Piedirosso, affinati per almeno 12 mesi in acciaio. Una veste di rosso rubino luminoso e tanta frutta al naso: prugna, amarena e ciliegia, rabarbaro e note floreali di rosa appassita seguita da cacao e liquirizia. La trama tannica è finissima e il finale lungo e sapido: un Falerno in grande movimento che si contrappone alla versione Riserva nell’Angelus.

Personalità ed espressione, nelle stesse percentuali di Aglianico e Piedirosso, ricco di struttura e pienezza. Prodotto solo nelle migliori annate, veste di sontuosità nel suo rubino profondo, donando un ventaglio aromatico di confettura di prugne e amarene, mora di rovo, rosa canina e viola. Cannella, cioccolato e cuoio si accompagnano a scie balsamiche e di pietra focaia. Tannini vellutati e palato dal carattere profondo, che chiude con un bel finale fresco e sapido. Solo 8.000 bottiglie che vedono 18 mesi di affinamento in barrique seguiti da 24 mesi in bottiglia. Un vino che vuole il suo tempo ma che ricambia con generosità tutta l’espressione del territorio in cui nasce.

Fattoria Pagano Pectus 2019 e Fabula 2020, custodi fedeli della tradizione

Due Falanghina in purezza, entrambe dal carattere deciso e di attenta espressione varietale. Quasi delle vendemmie tardive, provenienti da uve raccolte nella seconda decade di ottobre, dopo un’accurata selezione in vigna.

Dedicato a Catullo, il Fabula è un vino d’attacco, immediato e calibratamente moderno, frutto di criomacerazione per due giorni e acciaio per due mesi. Si presenta paglierino luminoso al calice con leggeri riflessi verdolini. Conquista con le sue deliziose note floreali e ricordi agrumati di cedro, zafferano ed erbe aromatiche. Un buon ritmo in bocca che si alterna a sapidità e freschezza, bilanciate da una piacevole morbidezza. Lungo il finale minerale.

Fermentazione in barrique di 6 mesi per un principe patrizio come il Pectus: 3.700 bottiglie di un bianco dalle lunghe macerazioni, richiestissimo all’estero e letteralmente “esploso” in Giappone. Paglierino dorato la veste, al naso profumi vegetali, miele e camomilla, sfumature di ginestra e cedro a fare da sfondo. Sapida la trama in bocca, in sintesi con avvolgenza e maturità ma che comunque mantiene slancio fino alla chiusura.

È un viaggio nel tempo la “storia liquida” dell’azienda Pagano, un rapporto fisico tra la terra e la natura che si uniscono per ritrovarsi nella magia di un calice.

Fattoria Pagano
Via Provinciale per Falciano – Carinola (CE)
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